Ago Mingo - Stabler - Punta dell'Orco
Il fascinoso cuore vergine del massiccio
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E’ un angolo di rara integrità ambientale il lembo di montagne compreso fra il profondo solco della parte terminale della Val di Genova ed il grande incavo della Val Folgorida una delle più grandiose e panoramiche laterali adamelline. Al pari della parallela Val di Lares, questi luoghi poco frequentati del massiccio ne rappresentano forse la più veritiera immagine, la più genuina essenza. La totale mancanza di punti di appoggio fissi ne ha sicuramente contenuto la frequentazione unitamente ai conseguenti forti dislivelli necessari per inoltrarsi sull’altipiano glaciale centrale. Ma se le valli prima citate sono comunque meta di grandiose traversate escursionistiche e soprattutto scialpinistiche, il turrito acrocoro che ha nella cuspide piramidale della Punta dell'Orco il suo punto culminante, rappresenta qualcosa di speciale e totalmente a sé stante. Qui ormai anche i vecchi sentieri dei cacciatori di camosci vanno progressivamente cancellandosi, simbolo e sintomo di un progressivo oblio che va purtroppo a totale discapito della possibilità di avvicinare un ambiente intatto e di profondo avvertibile fascino; superata questa difficoltà logistica, che caratterizza comunque solo il primo tratto dei percorsi di avvicinamento, si entra in contatto con un ambiente che non ha conosciuto da circa un secolo l’invasività dell’intervento umano lasciando alla sapiente mano della natura l’opportunità di un progressivo ripristino di quanto modificato nel corso di tristi e fortunatamente lontane vicende. All’arrampicatore si apre un terreno di confronto dal sapore aspramente ed al contempo dolcemente pionieristico; ci si sente vicini a coloro che per primi percorsero i boscosi valloni, le aeree creste e gli altipiani detritici di queste alte terre senza poter contare sulla prossimità di punti di appoggio o la sbrigatività di tracce ben marcate che rapidamente riconducano al lontano fondovalle. La straordinaria “lontananza” di queste montagne consentirà di apprezzare il senso dell’avventura alpinistica in un contesto rimasto miracolosamente lo stesso vissuto e fruito da personaggi confinanti con il leggendario e l’agiografico, dal cacciatore di camosci della Val di Genova Luigi Fantoma al cartografo ed esploratore Julius Payer fino a Severangelo Battaini e Pericle Sacchi che in tempi a noi vicini, mossi da un desiderio di ricerca, preziosa sintesi fra classicità e modernità, seppero intelligentemente riaprire il sipario alpinistico su questi luoghi onirici.
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