Val Miller
Nella valle del Rèmulo, dalle short climbs alle grandi pareti
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Difesa da un ripido salto dove oggi si rincorrono le strette serpentine delle famose "scale del Miller" la stupenda valle del Rémulo non si mostra che all’ultimo momento. Uscendo dagli ultimi ed agognati gradoni del faticoso sentiero, il panorama si amplia improvvisamente: quasi scorresse un fotogramma, la valle si mostra in tutta la sua ariosa bellezza. Alpinisticamente conosciuta per il suo interessante accesso alla cima culminante dell’Adamello attraverso l’elegante omonimo passo, la valle del Remulo, dal punto di vista arrampicatorio, ha conosciuto ben poche realizzazioni di pregio nel periodo intercorrente fra le ascensioni degli anni trenta e quaranta e le ultime ascensioni di stampo propriamente sportivo. Questo nonostante la presenza di bellissime montagne quali il Corno Miller, la Cima Plem, la Punta Alessandro o la Cima Prudenzini. Sicuramente la vicina Val Salarno ha da sempre raccolto maggiore interesse fungendo da polo catalizzatore delle attenzioni di apritori e ripetitori. Pur non reggendo dal punto di vista alpinistico il confronto con la vicina Valle delle Valli adamelline, la Val Miller ha saputo riservare a chi vi si è recato negli ultimi anni, con l’intento di aprire nuovi itinerari o di ripetere quelli esistenti, sorprese di notevole spessore ed aree di assoluto interesse sia in termini ambientali, il che era plausibile e prevedibile, sia in termini di qualità ed estetica dell’arrampicata, il che ha rappresentato invece una piacevolissima sorpresa. |
Dai vasti campi detritici dei Coster di Destra la vista spazia Cima Plem alle cui spalle fa capolino il Corno Baitone.
Luci vespertine alla base delle Torri del Miller.
In apertura sulle Torri del Miller, via "Lotar". Le Torri della cima culminante della valle sono, arrampicatoriamente parlando, una "scoperta" di inizio anni 2000 e rappresentano ad oggi una delle aree più interessanti dell'intero massiccio per bellezza ambientale e qualità della roccia
Claudio Capitanio in apertura sulla L8 della "I racconti del remulo" alla II Torre del Miller.
Sulla roccia "patagonica" delle Torri (L1 della "Prigionieri del Sogno").
Apertura della "I Mari di Rhun" al Pilastro Ovest del Corno Remulo (luglio 2015).
Il contesto in cui si arrampica è di particolare bellezza ed impreziosito dalla presenza di specchi d'acqua; nella foto, particolare del Laghetto Miller di origine glaciale, posto a ca. 30 minuti dal Rifugio Miller e da non confondersi con il Lago Miller di origine artificiale e posto nelle immediate vicinanza del rifugio.
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Placche del RifugioShort climbs su roccia stupenda a 10 minuti dal rifugio |
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Vi sono ascensioni la cui bellezza arrampicatoria supera di gran lunga l’importanza della montagna ascesa intesa come il coacervo delle vicende sportive e non che l’hanno caratterizzata.
In un massiccio come quello dell’Adamello ormai assurto a simbolo di vicende umane tragiche e dolorose, negli ultimi anni numerosi itinerari di arrampicata tracciati in ottica "moderna" si sono aggiunti a quelli preesistenti e frutto di un’altra proficua stagione alpinistica. In questi ultimi il superamento dei canoni classici è quasi sempre presente. La cima diviene un elemento non necessariamente presente; anzi quasi generalmente vengono raggiunte creste secondarie o ascese grandi placche di media valle. In Adamello, più che altrove, questa tendenza è stata favorita o meglio quasi obbligatoriamente indirizzata dalla stessa conformazione delle grandi vallate del massiccio retico caratterizzate dalla presenza di gradini intermedi (i "coster") formati da grandi placche lisciate dai ghiacciai quaternari sopra i quali si elevano le cime del gruppo, ben lontane (purtroppo…) dai fondovalle dal classico profilo uviforme. L’accessibilità di queste aree e la bellezza della roccia ha permesso di tracciare linee di ascensione dove la gestualità supera il significato strettamente alpinistico, se di tale significato si può ancora parlare, per divenire momento di intima realizzazione emotiva. La ricerca dell’equilibrio psico-motorio si fa piacere e complice una radiosa giornata estiva, immersi nel grandioso scenario adamellino, si finisce col meravigliarsi di avere ricercato simili emozioni a centinaia di chilometri da casa! Le ascensioni qui proposte sono a tutti gli effetti un’introduzione a questo mondo, frequentato da pochissimi pionieri, pochi attuali esploratori ma un numero sempre crescente di appassionati frequentatori. Un mondo in cui l’esaltante ri-scoperta è ancora al di là da venire.
La storia dell’esplorazione alpinistica del massiccio dell’Adamello ha vissuto uno strano parallelismo storico, quasi una sorta di stacco temporale rispetto a massicci più famosi. Sulle pareti delle Alpi nei primi due decenni del secolo scorso, prima che il grande conflitto mondiale arrivasse a sconvolgere tutto, i più grandi nomi dell’alpinismo tracciavano linee destinate a fare la storia di questo disciplina perennemente sospesa fra sport e ascesi. L’Adamello, inteso come gruppo, viveva in quel periodo, per conto di personaggi singolari ed affascinanti come Arrigo Giannantonj, un’esplorazione di carattere pionieristico-conoscitiva più vicina agli ottocenteschi Paul Grohman o Paul Gussfeldt e che agli occidentalisti e contemporanei Guglielmina e Ravelli o ai "miti" dolomitici Preuss e Dulfer. Destino dei gruppi montuosi "secondari"? Assenza di "grandi" problemi alpinistici? Difficoltà di accesso viabilistico al cuore del massiccio? Probabilmente un po’ di tutto questo. Eppure la cima dell’Adamello risulta raggiunta già nel 1864 in piena epoca pionieristica dal grande Julius Payer quasi contemporaneamente ad altre celeberrime cime alpine come il Disgrazia (1862), il Pizzo Badile (1867), la Walker alle Grandes Jorasses (1868). Nei decenni a seguire il massiccio adamellino sarà quasi sempre terreno d’azione di locali nonostante la "scoperta" di pareti di primissimo livello quali quelle della Val Salarno o del Tredenus, capaci di reggere tranquillamente il confronto con pareti ben più famose. In tempi recenti sulle tracce lasciate negli anni ’80 da M. Preti, dei M. Roversi, A. Battaini una nuova generazione si è lanciata in un’esaltante nuova avventura. E tutto questo forse ancora una volta con un "gap" temporale il cui effettivo sussistere è difficilmente inconfutabile visto quanto accaduto negli ultimi 10/15 anni nella vicina Svizzera o nell’ancor più prossima Val Masino. Un "ritardo" di cui tutto sommato credo ci si possa tranquillamente ed apertamente rallegrare. Caratteristiche L’evidente scudo di tonalite grigio-chiara alle spalle del Rif. Serafino Gnutti in Val Miller era stato meta di una visita arrampicatoria a metà degli anni ’90. Damioli Alberto (tanto per cambiare…) aveva aperto da solo nel luglio del 1996 "W.R.N. – water resistant no" un itinerario caratterizzato da una certa severità con chiodatura rarefatta mista a chiodi e spit n. 8. In una perlustrazione all’inizio del mese di luglio del 2003 si era rilevato lo stato di totale abbandono in cui versava il sito a discapito del comodissimo accesso e della bellezza della roccia nonché ovviamente del superlativo panorama circostante. Nei giorni 9 e 10 agosto del 2003 Amadio Paolo e Pietro Merigo realizzavano su questa struttura un nuovo itinerario battezzato "Cobalto". L’itinerario, attrezzato parzialmente dall’alto con ottica sportiva e chiodatura ravvicinata sulle alte difficoltà, è stato il primo dei numerosi successivamente attrezzati nella valle divenendo il classico esempio adamellino di short climb su ottima roccia ed accesso comodo. Anche gli altri itinerari attualmente esistenti non si discostano da questo clichè e si prestano a comode e sicure ripetizioni anche quando il tempo non consenta ascensioni di più elevato impegno. Accesso Dal rifugio percorrere per 2 min. il sentiero n° 1 fin sotto il margine destro della successione di placche che sovrastano il rifugio sulla direttiva di una cascata con massi di frana. Salire nel prato, costeggiare la parete superando un tratto ghiaioso fino a raggiungere alla sua estrema destra la condotta di cemento ben visibile dal rifugio. Dalla stessa superare il comodo pratone a grandi zolle soprastante fin sotto la grande placca a forma di scudo. Attenzione ai buchi tra le toppe erbose!! (10 min.). Punti di Appoggio Rifugio "Serafino Gnutti".
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Falesia del Lago MillerMonotiri con sviluppo da 30 metri a 5 minuti dal rifugio Miller |
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Per chi giunto al "Serafino Gnutti" non intendesse impegnarsi su itinerari di più tiri la falesia del Lago, sita nelle immediate vicinanze dello stesso, offre un’ottima opportunità per passare mezza giornata in totale relax. Il sito, vista l’abbordabilità di diversi itinerari, si presta ottimamente ad ospitare corsi o giornate didattiche.
Caratteristiche Breve salto granitico con favorevole esposizione. Monotiri da 30 a 25 metri su roccia molto bella con difficoltà medio-basse. L’arrampicata richiesta è generalmente quella tecnica di placca anche se non mancano itinerari con progressione in fessura o con brevi salti verticali. Tonalite sempre eccellente e molto rugosa mai disturbata da licheni. Qualche toppa di erba qua e là per gli itinerari alla sinistra della struttura. Vista la lunghezza degli itinerari, la corda deve essere almeno da 60 m. Portare 14 rinvii. Struttura attrezzata con fix da 8 mm sugli intermedi; soste con 2 fix da 10 mm, catena da 7 mm e maglia rapida da 8 mm per discesa in mulinette. Accesso Dal rifugio seguire il sentiero n. 1 per tre minuti fin sotto la struttura; seguire gli ometti e le evidenti tracce nell’erba raggiungendo in breve la base della placca. Punti di Appoggio Rifugio "Serafino Gnutti".
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Salto dell'Elfo RossoMonotiri su roccia super nel cuore della valle del Rèmulo |
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A soli 15 minuti dal rifugio, in un angolo di rara bellezza, sorge il salto di liscia tonalite denominato dell’ "Elfo Rosso". Plasmata dall’esarazione dei ghiacciai quaternari questa breve gobba rocciosa offre un concentrato di bellissimi monotiri in cui prevale l’arrampicata di placca talvolta spinta ai limiti del possibile date per assodate le capacità motorie e i materiali di cui dispone l’homo arrampicantibus di inizio terzo millennio. L’unica raccomandazione a tutti coloro che vorranno cimentarsi con questa struttura è quella, civilmente ovvia ma mai troppo ripetuta, di mantenere questo fascinoso angolo così com’è. Ad Erik e si sui fratelli è stata data carta bianca circa il segare corde ed allentare fix a chiunque abbia l’inqualificabilmente stupido ardire di lasciare qualsiasi tipo di sporcizia, mozziconi di sigarette inclusi!
Caratteristiche Breve salto granitico con esposizione a Sud. Offre monotiri dal 6a al 7c (?) generalmente su placca anche se non mancano singoli passi di potenza. I movimenti di progressione si avvalgono generalmente di microfunghi o lievi bombamenti che necessitano talvolta una notevole dose di equilibrio ed autocontrollo. La qualità dell’attrezzatura e la gamma delle difficoltà ne fanno una falesia accessibile a chiunque intenda vagliare le proprie capacità su placca tecnica e verticale. Dal punto di vista delle modalità di fruizione, la falesia si può dividere in due netti settori; a sinistra vi sono itinerari di difficoltà medio-alta percorribili dal basso; il settore destro che è anche il più spettacolare è stato attrezzato con soli ancoraggi sommitali che si raggiungono con una calata da un ancoraggio sito sopra il salto e raggiungibile senza difficoltà in tre minuti dalla base del medesimo aggirandone indifferentemente l’estremità destra o sinistra per poi spostarsi progressivamente di ancoraggio in ancoraggio. Questa scelta da parte degli apritori è da demandarsi alla brevità degli itinerari, alle difficoltà generalmente estreme che avrebbero comportato una massiccia chiodatura nonché alla volontà di non intaccare eccessivamente l’originale bellezza di questa conformazione rocciosa. La struttura è attrezzata con fix da 8 mm; gli ancoraggi sommitali sono costituiti da un unico fix da 10 x 10 mm con magli rapida da 8 mm. Accesso Dal rifugio seguire l’itinerario per il passo dell’Adamello finché la traccia, abbandonando la condotta in cemento, sale nettamente a sinistra (ometti, segnalazioni). Continuare invece lungo la condotta fino ad una piccola chiusa oltre la quale, per tracce nel prato, aggirando sulla destra una zona acquitrinosa, si raggiunge l’evidente salto roccioso (ore 0,15 dal rifugio). Punti di Appoggio Rifugio "Serafino Gnutti". Contributi Hanno partecipato all’apertura degli itinerari in diversi momenti durante l’estate del 2006 e del 2007 gli amici Marco, Davide, Rolando e Adriana.
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La SfingeItinerari marcatamente sportivi su una struttura originale |
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Mario Rigoni Stern è noto al grande pubblico per "Il sergente nella neve" tragica e vivida pagina di storia bellica vissuta e subita in prima persona. Ma il Rigoni che tutti gli amanti della montagna dovrebbero conoscere è quello delle sue opere più recenti, opere in cui l’attaccamento alle proprie radici montanare, alle pendici boscose dell’Altipiano, alla sua storia ricca di tragedie e ricchissima di umanità, diviene viscerale e travolgente. Trasmesso con toccante semplicità dialettica questo amore per tutto ciò che per Rigoni è vivere la montagna, tocca vertici di Letteratura in quello che molti suoi ammiratori ritengono un cult-book "Sentieri sotto la neve"; opera in cui si condensano in poche pagine (l’edizione Einaudi è di 124 pagine) tutte le tematiche care all’autore. In uno dei sedici racconti (una sorta di vangelo-viatico per gli amanti della neve, scialpinisti in particolare!!), "Nevi", si scopre come il nome neve non fosse univoco nella tradizione dell’altipiano, ma come ad ogni frazione dell’anno fosse attribuito alla magica farina del mulino dei cieli un nome diverso. Bruskalan, la neve del tardo autunno, la neve a gelare gli ultimi fiori e ad imbiancare le pareti rendendole subito lontane ed inaccessibili fra sbuffi di nubi caliginose. Bruskalanava, la neve dopo San Martino, quando ormai il terreno è duro e gelato, pronto ad accogliere la vera neve, la sneea, abbondante ed infinita ad ottundere i suoni, piegare a terra i rami dei pecci, in un tutto più magico e pulito. Quando l’inverno scema e i primi tepori della prossima primavera si fanno sentire, la sneea diviene haapar, neve generalmente pesante ma ancora artefice di copiose messi, talvolta occasionalmente leggera a ricordare l’eterea inconsistenza della bianca sostanza invernale. Segue l’haarnust, destinata ad essere presto cancellata dai prati ormai verdi ad opera del bruciante sole primaverile. Poi la swalbalasneea, neve dal nome magico, la neve delle rondini, generalmente debole e scialba comunque capace di cambiare tutto in poche ore. Infine le nevi che progressivamente sanciscono l’arrivo della piena estate, la kukusneea, la neve del fascinoso canto del cuculo; la bàchtalasneea, la neve della quaglia, neve a sorprendere le api indaffarate ed il giallo solare del tarassaco. Infine la kuasneea, la neve delle vacche al pascolo il cui ricordo si perde nella notte dei tempi.
Caratteristiche Ben identificata struttura sita circa 500 a sinistra - per chi guardi la parete - degli scudi che sovrastano il laghetto del Miller. E’ caratterizzata nella sua parte terminale da uno netto salto strapiombante di colore rossastro. Roccia generalmente eccellente, raramente disturbata dal lichene. Accesso Dal rifugio seguire il sentiero per il Passo dell’Adamello fino ad un falsopiano erboso. Lasciare il sentiero e puntare alla base della placca raggiungendola superando una colata di macigni (ore 0.20). Punti di Appoggio Rifugio "Serafino Gnutti". |
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Placche del CrepuscoloItinerari da 200/250 metri di sviluppo a 25 minuti dal rifugio |
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Fin dal luglio del 2003 quando ci aggiravamo incuriositi sotto le Placche del Rifugio scorgendo le vetuste attrezzature di qualche predecessore, che poi si rileverà essere il raider per eccellenza dei graniti adamellini alias Damioli “Bibo” Alberto, avevamo anche ammirato sul versante opposto della valle un’elegante struttura a forma di allungato rombo terminante con una placca a ventaglio. Nelle terse (e fredde!!) giornate del 13 e 14 settembre 2003, veniva tracciata la “Orion” quella che ancora oggi, a distanza di numerose e successive aperture, si ritiene per accessibilità e bellezza arrampicatoria una delle più interessanti short climbs della valle. L’intento, anche in un’ottica esplorativa, è stato a suo tempo quello di percorrere un itinerario che sfruttasse al massimo le linee più naturali della struttura evitando i grandi scudi lisci che caratterizzano la struttura soprattutto nella sua parte mediana e terminale. Il risultato è un itinerario di difficoltà medie capace di far apprezzare, anche a chi non sia necessariamente un grande virtuoso delle lavagne, la bellezza e l’eleganza del “granito” adamellino. Circa la denominazione delle placche di questa ben identificata sezione del Coster di Sinistra, si è voluto rendere onore all’esposizione che le rende percorribili al sole dalla tarda mattinata fino al tramonto. Il giorno 12 settembre 2003, primo giorno di apertura della “Orion”, la base era ancora in pieno sole alle ore 19.45! Molto interessante conseguentemente la possibilità di abbinare, con spostamenti minimi, uno o più itinerari delle “Placche del Crepuscolo” ad uno o più itinerari delle Placche del Rifugio che sono invece colpite dal sole sin dal primo mattino.
Settembre 2014: Gianni Tomasoni durante l'apertura della "Cuore, vento e cielo".
Settembre 2004: Paolo Amadio durante l'apertura della "Amaltea".
Le Placche del Crepuscolo viste dal Rif. Gnutti.
Discesa dalle sommità delle Placche dopo l'apertura della "Chioma di Berenice".
Panoramica delle Placche dal Lago Miller.
Il cielo notturno è forse il più grandioso e penetrante spettacolo cui sia dato assistere. La montagna è un luogo assolutamente privilegiato per godere dell’immane sfolgorio siderale. Peccato che le condizioni migliori siano quelle dell’inverno con i suoi cieli di cristallo. Ma restare all’aperto a testa in su a – 20° non è cosa eccessivamente piacevole. Così l’autunno diviene un momento ideale per assaporare quel senso di smarrimento ed annullamento di fronte all’immenso naturale che ogni tanto è dato provare anche agli amanti della verticale. E chi avrà voglia prima di ficcarsi sotto le coperte di uscire dal caldo e accogliente rifugio per indolenzirsi il collo con la testa all’insù non potrà non notare dove è posizionata la più bella costellazione dei cieli autunnali ed invernali rispetto alle placche che avrà salito quello stesso girono o che si appresterà a salire il successivo. Caratteristiche Costituiscono l’ultima sezione rilevante del Coster di Sinistra della Val Miller e sono immediatamente identificabili dal rifugio a destra del vasto vallone detritico che conduce al Passo Miller. Sono costituite da uno scudo di placche abbastanza continuo, non molto ripido, talvolta interrotto da cenge erbose. Ne deriva che la tipologia dell’arrampicata offerta è generalmente quella di aderenza in placca anche se non mancano belle fessure e qualche breve passo in strapiombo. Nel complesso offrono itinerari molto divertenti con difficoltà medio-basse, poco atletici ma comunque talvolta con un impegno di “testa” di buon livello senza arrivare alla devastazione mentale tipica dell’arrampicata di placca poco protetta o poco proteggibile. Questo perché per scelta degli apritori, in considerazione delle difficoltà offerte e della vicinanza al rifugio, si è voluto privilegiare senza remore un approccio indubbiamente edonistico. Altri siti della valle saranno in grado di soddisfare coloro che sono alla ricerca di emozioni più forti! Nel complesso un’area affrontabile senza eccessivi patemi ma comunque da non sottovalutare vista la quota, la possibilità di rintracciare attrezzature danneggiate (non si è in falesia!!) e l’articolazione degli itinerari che seppur non lunghi non sono assimilabili ad una semplice successione di monotiri offrendo talvolta un percorso non lineare o l’attraversamento di brevi zone con erba, detrito o acqua. Accesso La struttura è raggiungibile in c. 25/30 minuti dal rifugio transitando sotto la diga del Lago Miller e percorrendone la sponda orografica sinistra. Giunti in fondo al lago, risalire un valloncello dapprima erboso poi detritico fin sotto la struttura. Punti di Appoggio Rifugio "Serafino Gnutti".
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Cima PrudenziniItinerari di cresta classici su una montagna attraente |
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Tra le figure del pionierismo adamellino di fine XIX secolo quella di Paolo Prudenziali riveste un ruolo di spicco. Colto (era avvocato ed assunse nel corso della sua vita svariati incarichi civili), appassionato cultore della montagna bresciana, ne frequentò assiduamente per vent’anni le valli e le cime compiendo innumerevoli ascensioni e diverse "prime". La sua passione sportiva è stata un mezzo attraverso il quale raggiungere un più elevato livello conoscitivo della montagna intesa come indissolubile amalgama di bellezze naturali e fenomeni sociali. Al suo determinante entusiasmo si devono le costruzioni di due importanti rifugi: quello sito al centro della Conca del Baitone inaugurato nell’agosto 1891, originariamente denominato "Capanna Baitone al Lago Rotondo" e successivamente dedicato alla medaglia d’oro al V.M. "Franco Tonolini" ed il rifugio "Giuseppe Garibaldi" sito sotto l’imponente versante settentrionale della cima culminante. Inaugurato nel luglio del 1894, la nuova costruzione si presentava come una bella palazzina a due piani edificata ricorrendo ovviamente alla bianca roccia adamellina il che le conferiva un aspetto decisamente elegante. Godeva di caratteristiche del tutto innovative per il panorama alpinistico bresciano ed era all’epoca probabilmente uno dei rifugi alpini più razionali ed efficienti di tutto il versante alpino meridionale; a detta dei contemporanei reggeva tranquillamente il confronto con le rinomate capanne della vicina Svizzera. Lontano dalla solita baita ristrutturata alla bella meglio, il rifugio aveva tutti i confort di una moderno alberghetto inclusa una stanza riservata agli ospiti di sesso femminile! Purtroppo l’originaria costruzione è andata perduta sommersa dalle acque del bacino artificiale del Venerocolo.
Di Paolo Prudenzini a distanza di tanto tempo rimangono alcuni lucidi scritti malauguratamente ben difficilmente reperibili ed alcune importanti "dediche": un rifugio nella più bella delle valli bresciane, un passo alpinistico ben poco frequentato ed una bella montagna meritevole di essere scalata.
Caratteristiche Ben identificata piramide che con la gemella Corno di Macesso contribuisce a caratterizzare elegantemente la dentellata cresta che divide la Val Miller dalla parallela Val Salarno. I suoi versanti rocciosi sono brevi; erboso con salti quello rivolto alla Val Salarno; più roccioso e verticale quello Ovest comunque con uno sviluppo troppo limitato rispetto al faticoso avvicinamento perché possa dirsi alpinisticamente meritevole. L’interesse della montagna si concentra sulle sue aeree creste di roccia generalmente buona, a tratti ottima che consentono divertenti e non difficili cavalcate molto panoramiche. La traversata con salita della cresta Nord-Est e discesa parziale della cresta Sud-Ovest rappresenta probabilmente uno degli itinerari di cresta con difficoltà nell’ordine del IV grado più interessanti di tutto il massiccio. Accesso Dal Rif. Miller percorrere il sentiero n. 1 che dopo aver attraversato l’alveo vallivo risale con percorso a tratti un poco disagevole e faticoso l’ampio vallone detritico alla base della montagna; per la Cresta Sud-Ovest è necessario raggiungere il Passo Miller (ore 2,30 dal Rifugio Miller); per raggiungere l’attacco della cresta Nord-Est, una volta raggiunta la conca detritica o nevosa alla base del passo, costeggiare tutto il versante Ovest della montagna fin sotto il punto di massima depressione della cresta (calcolare c. 0,30 ore in più). Punti di Appoggio Rifugio "Serafino Gnutti".
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Specchi delle streghe o Spécc de le StrìeUna grande placca a delta nel cuore della Val Miller |
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Destinatarie delle ultime non conoscenze umane, luoghi di difficile o ritenuto impossibile accesso, le montagne appartengono alla tradizione del misterioso, dello sconosciuto, dell’ultraterreno. La percezione dell’occulto ha accompagnato l’uomo fin dalle origini del suo travagliato cammino esistenziale. Il doversi confrontare con forze superiori, incontrollabili, inspiegabili nelle loro dure ed implacabili manifestazioni lo ha portato ad attribuire ad entità superiori la volontà e la responsabilità delle stesse. E quando tali evidenze venivano a concretizzarsi in carichi di dolore, ingiustizia e sofferenza il destinatario dell’interrogativo si traduceva in una risposta, in una soggettivizzazione del male che nel Diavolo ha la sua più alta valenza espressiva. Artefice di ogni negatività, dalla menzogna all’inganno, dall’illusione ai sogni nefasti, passando per la volgarità e l’osceno, la sua figura accompagna temuta e talvolta abominevolmente riverita tutta la vicenda umana. Collaterali, compartecipi al suo manifestarsi ma comunque inevitabilmente subalterne causa la loro femminile essenza, le Streghe sono le seconde indubbie protagoniste del realizzarsi del Male. Anzi forse ad esse, appunto in quanto donne, esimie rappresentati dell’eterna tentazione dell’uomo e degenerazione del genere, sono demandati gli aspetti più materiali e propriamente terreni della sua realizzazione là dove all’essere superiore di natura intrinsecamente maschile viene quasi tradizionalmente riservato un ruolo meramente progettuale e pianificatorio. Ed ecco il loro essere tra il popolo, il loro nascondersi ed occultarsi in vesti di apparente fragile senile innocuità. A questo forse le incredibili ed incomprensibili (almeno se viste con l’occhio acculturato ed un poco spocchioso dell’uomo moderno…) persecuzioni di cui migliaia di innocenti furono oggetto in momenti ricorrenti delle storia. L’anno 1518 è ricordato nelle cronache come l’anno horibilis della caccia alla streghe in Valle Camonica. Preceduto da un battage informativo degno di una campagna pubblicitaria dove agli spot via tubo catodico si sostituivano prediche, scampanii e grida l’intervento dell’Inquisizione si abbatté su chiunque fosse solo sospettato di pratiche occulte portando sul rogo qualcosa come 64 persone, la maggior parte donne. Ma chi erano nella realtà queste vittime di un implosivo coktail di ignoranza, superstizione e paura?? Semplici improvvisate fattucchiere rapite da una autogenerata suggestione, eroine rifiutanti un ruolo di sottomissione e vergognoso sfruttamento, vendicatrici dei soprusi e delle repressioni culturali e sessuali che relegavano la donna ai margini del vivere sociale? Forse un po’ di tutto questo. E’ curioso tra l’altro rilevare come la Valle Camonica fosse avvolta da una fama di luogo particolarmente infestato dalla stregoneria e dalle arti alla stessa affini e conseguentemente privilegiato luogo di azione di coloro demandati ad estirparle. Ed il popolo, artefice e vittima di questa realtà come vedeva le adepte dei filtri, degli incantesimi, delle fatture? Inaspettatamente intrise di un’umanità scaltra e furbesca, quasi più modelli velatamente degni di occasionali abbandoni che esempi da condannare e distruggere; forse in ottemperanza alla loro aggressiva femminilità ed ad una conseguente fuga fantastica nel proibito, nel sessualmente represso ed irrealizzato. | |||||
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Nepomuceno Bolognini, garibaldino, appassionato frequentatore del massiccio retico, pubblicò nel 1875 una scanzonata monografia per conto della S.A.T. che descriveva i diavoli e le streghe popolanti i sabba dei tetri rigogliosi boschi adamellini. Vi era ‘Aga’, "…vecchia fattucchiera scialba e sciancata tutta a grinze e ridossi, ma con occhietti da nottola, mezzana degli amorazzi e conoscitrice delle carte, capace di comporre filtri da innamorare un sasso aiutata in ciò dalla figlia ‘Niaga’" non meno pericolosa della madre, anzi di più, visto la giovine età. Vi era poi ‘Forca’ "…tarchiata donnaccia sudicia e scarmigliata…s’arrampica sui vecchi muri di case abbandonate, s’accoccola fra le macerie, se ti guarda di mette subito in corpo una irresistibile voglia di appropriarti l’altrui…". ‘Baorca’, "…ha sei dita per mano ed una gobbaccia aguzza per di dietro; se t’ammalia sei fritto, ti metterà in corpo una legione di diavoli, di spilli, di capelli da farti fare le cose più strambe del mondo…". ‘Malora’ "…si dà buon tempo, è buona compagna allegra, burlona con faccia avvinazzata e bitorzoluta. Non guardarla, che ti assale bentosto l’amore all’acquavite e alla baldoria; saresti tentato di vendere i figli per berli!". ‘Grignota’ "…se t’ammalia ti porterà in corpo tal riso e tal voglia di burle, che senza volerlo, ti potresti trovare sotto il lettuccio di qualche prete di campagna o in angolo della cella di un fraticello…". E i demoni, irrinunciabili compagni di malefatte delle strie? Vi era ‘Schena-da-mul’, "…il cui compito consiste nel prestare la dura schiena al trasporto di qualche stanco viandante che vi si lasci adescare, per precipitarlo poi in un burrone e prorompere in un ghigno orrendo perché l’anima, impreparata, se ne va dritta all’inferno".
La placca a rombo degli Specchi delle Streghe sita nel centro della valle.
La complessa massa del Corno Rémulo con a sinistra l'evidente canale che adduce allo stretto intaglio della Bocchetta Prina, passaggio alpinistico verso la Val Salarno divenuto ormai impraticabile nelle stagione estiva causa l'assenza di neve ed il conseguente forte pericolo di caduta di pietre.
Luci vespertine nei pressi dell'idilliaco specchio del Laghetto Miller.
Al centro dell'immagine la Cima di Plem, un'altra delle cime interessanti della valle ed una tra le più salite grazie alla sua facile via normale; alla sua destra la regolare piramide di Punta Alessandro, interessante meta arrampicatoria.
Fiori.
Visuale sul Corno Miller
Seguivano ‘Zampa-da-gal’ e ‘Manarot’, il primo "…assume di frequente l’aspetto di un elegante zerbinotto, che però non può nascondere la sua zampa da gallo; si porta spesso nelle capanne solitarie a sedurre qualche montagnina che non si trovi in grazia di Dio…"; il secondo "…tentatore dei bracconieri e dei contrabbandieri forestali. Dice costui ‘I boschi sono del Comune, quindi ruba allegramente!!’. Un vero antesignano!". Infine da ricordare ‘Calzetta-rossa’, "…ladro per eccellenza. Assume le forme più diverse; non di rado apparirà vestito da signore in un’osteria e sparirà senza pagare lo scotto…" e ‘Palpa-pegastro’, "…demonio talmente orrendo che, non avendo trovato neanche una strega che accettasse le sue attenzioni, dovette valersi del prestigio dei tesori immensi che possiede ed adattarsi a sposarne una e a mettere su famiglia. Di per sé amerebbe gli ozi beati e la tranquillità domestica; sennonché l’orribile consorte (‘Aga’) e l’ancor più terribile figlia (‘Niaga’) non gli lasciano pace con le loro linguacce e con le loro botte!". Povero ‘Palpa-pegastro’!! Cosa rimane di tutto ciò oggi? Limitandosi ad analizzare queste leggende con l’occhio dell’iper civilizzato Homo del terzo millennio significherebbe perdere ciò che di più bello e magnifico le Alte Terre hanno ancora da offrirci, da trasmetterci e farci vivere. La dimensione del fantastico, così sentita e purtroppo anche tragicamente subita in un passato temporalmente prossimo e realmente anni luce distante, rischia di perdersi. Ragioni che vanno dal culturale al meramente pratico hanno reso questo messaggio percepibile più o meno consciamente ai popoli che per secoli hanno condiviso i loro duri giorni ai piedi delle Alpi. Una voce che ancora oggi chi ama, frequenta e vive le terre vicine al cielo deve o meglio dovrebbe assolutamente sentite. Pena la banalizzazione del tutto, la riduzione a mera abitudine della straordinarietà. La sentimentale cancellazione, ancor prima che fisica, dell’Ultima Frontiera. Caratteristiche Ben identificabile grande placca a delta sita a sinistra del largo vallone detritico che conduce al Passo Miller. Offre ascensioni prevalentemente caratterizzate da arrampicata su placca appoggiata. Si presta a facili ascensioni in ambiente splendido con ampie visuali su tutta la valle. La roccia è generalmente eccellente. Durante l’apertura si è provveduto ad eliminare i detriti più pericolosi. Prestare comunque attenzione al detrito minuto nei tratti facili. Il periodo consigliato è la piena estate. Sconsigliata ad inizio stagione data la presenza di un nevaio alla base generalmente fin oltre l’inizio del mese di luglio. Accesso Seguire il sentiero per il Passo dell’Adamello fino al punto in cui il medesimo abbandona la conduttura in cemento. Continuare lungo la medesima fino ad una piccola chiusa oltre la quale traversando a sinistra ci si porta sotto la grande placca; per valloncello detritico con tracce se ne raggiunge la base. Punti di Appoggio Rifugio "Serafino Gnutti".
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Scudi del PantanoArrampicare in un luogo di superba bellezza |
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Vi sono luoghi dove lo spazio ed il tempo sembrano aver stretto un’alleanza, un accordo per configurare una specialità avvertibile dagli uomini che la sappiano cogliere. Sono angoli dove forse passano i "meridiani della terra", dove sotto qualche masso sarà magari rinvenibile la celeberrima "pietra filosofale" o dove più prosaicamente la natura ha saputo costruire qualcosa di unico ed irripetibile. La verdissima distesa del Pantano del Miller appartiene a questi luoghi privilegiati, con i suoi mille rivoli di acqua azzurra, i suoi massi a delimitarne i confini, giganteschi bizzarri termini circondati da pozze d’acqua cristallina, le sue belle cime a corona con la glaciale cupola bianca del Passo dell’Adamello a far capolino ed i suoi tappeti di eriofori che paiono spruzzare di neve l’alta erba estiva. Per gli amanti della verticale si apre un terreno di gioco superlativo. Le pareti del Coster formano quasi un catino riparato dal vento dove anche una giornata primaverile o autunnale può regalare giornate ideali dove a quasi tremila metri ci si può destreggiare su roccia superba con la schiena arrostita da un sole impietoso affogato in un oceano blu.
Caratteristiche Allungata fascia di scudi a placche che costituisce il bordo orografico destro della conca che accoglie il Pantano del Miller. Luogo di straordinaria bellezza in ambiente di alta montagna. Le prime due linee entrambe tracciate da Alberto Damioli e compagni alla metà degli anni ’90 interessano una limitata area nei pressi di una evidentissima placca romboidale di colore rosa percorsa sul suo margine sinistro dalla via "Granidoro". Offre arrampicate di un certo impegno in un ambiente molto affascinante. Vista la brevità degli itinerari e la relativa lunghezza dell’approccio si è cercato di privilegiare l’aspetto propriamente arrampicatorio attrezzando gli itinerari quasi "da falesia" e consentendo ripetizioni con materiale strettamente necessario. Accesso Dal rifugio seguire il sentiero per il Passo dell’Adamello transitando nei pressi dell’incantevole specchio del Laghetto del Miller. Superata una breve dorsale si raggiunge l’altipiano del Pantano. Lo si costeggia sul suo lato destro puntando poi a dei giganteschi macigni al termine di una grande colata detritica. Si risale la stessa per pochi minuti deviando poi nettamente a sinistra toccando la base del Coster per ripido pendio erboso. Tenere come punto di riferimento la grande placca sopra citata (1,15 ore dal Rifugio Miller). Punti di Appoggio Rifugio "Serafino Gnutti".
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Torri del MillerL'hot spot dell'arrampicata moderna in Val Miller |
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Allineate sulla cresta spartiacque Val Miller – Val Salarno il complesso delle Torri del Miller rappresenta una delle più estetiche ed interessanti strutture rocciose di tutto il massiccio dell’Adamello. Mentre sul versante Salarno si elevano di poco dal vasto pianoro detritico del Coster, sul versante Miller precipitano con una bellissima parete verticale e compatta alta circa 300 metri. Già dal parcheggio del Pont del Guat in Val Malga le torri, subito identificabili a destra della massiccia piramide a base larga del Corno Miller, colpiscono per l’arditezza delle loro forme. La verticalità delle loro pareti trova peraltro riscontro dopo precipitazioni nevose: la neve non vi si ferma con l’eccezione del piccolo rientro situato sotto la 1^ Torre e denominato "diamante" per la sua caratteristica forma. Le prime tre sono le più caratterizzate e costituiscono un complesso grandioso. Sono accomunate da un basamento di roccia rosata costituito da un ininterrotto muro verticale di compattissime placche che dona al complesso slancio ed eleganza. Sono classificate da I a V con partenza dalla forcella del Passo Gozzi. La I è la meno identificata delle tre. Di poco più bassa delle altre, porta sulla sommità un grande lastrone che sembra mozzarne lo slancio. La seconda è un aguzzo sigaro e sorge nelle immediate vicinanze della III che è indubbiamente delle Torri la più esteticamente attraente. A forma di parallelepipedo a base larga, grazie soprattutto alla sua orizzontale sommità, si distingue dal circostante con una superba eleganza di forme. La IV è una bella piramide a sinistra del complesso delle prime tre e la sua ampia base rimane in gran parte costituita da una successione di compatti scudi granitici. Infine la V è la più massiccia e costituisce di fatto una sorta di spalla del Corno. Sicuramente salite nel corso della classica ascesa al Corno Miller per la sua cresta Sud-Ovest (via "Sicola-Tagliabue") sia in parte dall’itinerario originale sia da successive varianti, sono state prese in considerazione come singole mete arrampicatorie solo recentemente grazie alla qualità della roccia del versante sudoccidentale capace di reggere il confronto con altre affermate zone arrampicatorie del massiccio. L’ambiente circostante è a sua volta molto attraente, selvaggio ed intatto. Un’arrampicata sulle Torri è un’esperienza davvero consigliabile con la necessaria complicità di una bella giornata vista la quota e l’esposizione
Caratteristiche La caratteristica principale delle torri è rappresentata dalla successione uniforme di grandi scudi granitici che trova la sua massima espressione nella III Torre. A differenza di quanto si possa pensare a priori da una osservazione dal basso, le vie presentano una varietà notevole alternando fessure e diedri alla classica progressione tecnica adamellina su placca. La roccia è generalmente da ottima ad eccellente; pochissimo il detrito vista la continuità delle pareti. Accesso Dal Rif. Miller percorrere il sentiero di accesso al Passo dell’Adamello fino al Pantano del Miller (ore 1,00). Da qui un’evidente ripida rampa erbosa consente di accedere al Coster di Sinistra. Nell’ultimo tratto tenere come riferimento un’evidente lancia rocciosa. Raggiunto il Coster seguire un’abbattuta costola morenica (numerosi ometti) che con percorso agevole (solo nell’ultimo tratto un poco meno) conduce al vasto ripiano, nevoso per gran parte dell’anno, da cui si elevano le Torri (ore 1,30 dal Rifugio Miller). Punti di Appoggio Rifugio "Serafino Gnutti". |
Da destra a sinistra: I Torre o Torre Mozza; II Torre o Cuspide del Miller; III Torre o Torre Quadra; IV Torre o La Cattedrale.
Claudio Capitanio in apertura sulla II Torre del Miller; L2 della "I racconti del Rèmulo"
Gianni Tomasoni, in apertura della "Lotar" alla III Torre del Miller.
Apertura della "I racconti del Remulo" sulla splendida roccia delle Torri del Miller.
Apertura della "I racconti del Remulo" sulla splendida roccia delle Torri del Miller.
I Torre del Miller
II Torre del Miller
III Torre del Miller
IV Torre del Miller
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